venerdì 1 maggio 2009

La temperatura del mare? un rebus. Ma adesso arriva Argo



Scritto da Corrado Fronte
venerdì 01 maggio 2009

Un articolo del prof. Antonio Zecca, professore di chimica fisica dell’atmosfera all’Università di Trento, apparso su le Scienze di Aprile, tratta della cosiddetta “discontinuità del 1945”. Vediamo in cosa consiste. In sintesi, tra 1940 e 1945, l’andamento delle temperature medie globali mostra un picco (definito panettone), seguito da un repentino abbassamento della temperatura di 0,3°C, che viene recuperato con un aumento graduale solamente attorno al 1980.

Quindi per circa 35-40 anni la temperatura terrestre non sarebbe aumentata. Il fatto non è di poco conto. Il prof. Zecca infatti ammette che «i modelli climatici del rapporto IPCC 2007 davano unanimemente risultati non coerenti con quella anomalia». Bisognava trovare una spiegazione.
Dopo ricerche approfondite su migliaia di misurazioni, la CRU (Cimatic Reserach Unit) britannica e la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) americana hanno scoperto che i dati di temperatura del “panettone” erano errati per eccesso, a causa del contributo delle misure di temperatura del mare fatte sull’acqua di raffreddamento dei motori delle navi da guerra americane durante il conflitto mondiale. Tali misure erano influenzate dal calore delle macchine. Invece il metodo più comune usato fin dal XIX secolo era quello di prelevare l’acqua dal mare con un secchio, e questo comportava un errore potenziale opposto, se il secchio non era fatto di materiale termicamente isolante, o in caso di vento. E’ da notare che sulle navi britanniche, ed in genere prima del secondo conflitto mondiale, era in uso il metodo dei secchi non isolati termicamente. Il bilancio porterebbe ad una correzione di -0,3°C, che corrisponde proprio all’altezza del “panettone”. E’ da sottolineare che la temperatura dell’acqua marina è ritenuta rappresentativa all’80-90% della temperatura terrestre.
L’impegno che le due organizzazioni hanno messo nella ricerca è ben giustificato dal fatto che entrambe attivamente collaborano con l’IPCC: sul NOAA magazine di Feb. 2, 2007 si legge: «NOAA individuals and technology made major contributions to the Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC ) international climate science report». Il CRU fa addirittura parte dell’IPCC Data Distribution Center (DDC).
Il professor Zecca si dice compiaciuto della capacità autocritica della scienza, e considera «un grande successo del metodo scientifico […] avere individuato le cause dell’anomalo picco […] che ci permette di aver maggior fiducia nelle nostre capacità predittive per il riscaldamento futuro [ …]e conferma la necessità di ridurre le emissioni di gas serra, ed in particolare di CO2». Ma qualcuno potrebbe pensare esattamente il contrario, e trarne motivo di dubbio sulla affidabilità delle rilevazioni passate, che possono contenere errori grossolani ed imprevisti, come la ricerca CRU/NOAA dimostra. Ci sarebbe anche da riflettere sulla distribuzione statistica geografica e stagionale delle misure così fatte. Dall’articolo si evince che esse sono in gran parte prese su rotte di interesse militare e commerciale e non necessariamente rappresentative dell’intero pianeta.
Inevitabile che sorgano ancor maggiori dubbi sull’affidabilità strumentale e sulla validità delle misure di 100 o 150 anni fa, che sono importanti perché punto di riferimento per la misura del preteso aumento di 0,74°C. A quei tempi il problema del riscaldamento globale non era stato ancora inventato, ed i dati raccolti non avevano certo la spinta drammatica di una catastrofe climatica imminente, né lo stimolo di speculazioni multimiliardarie. Ma, secondo quanto enunciato nell’articolo, esse sarebbero state prese con secchi non isolati termicamente, e quindi errate per difetto. Il riscaldamento quindi dovrebbe essere minore di 0,74 °C? Invece no! Secondo il prof. Zecca: «il valore del riscaldamento globale tra il 1850 ed il 2007 rimarrà quello fornito dall’IPCC».
Ad avvalorare la necessità di misure significative della temperatura del mare è nato il progetto ARGO, che permette una ampia raccolta di dati mediante il collocamento su tutta la superficie marina di piccole stazioni galleggianti, attrezzate per misurare la temperatura e la salinità del mare dalla profondità di 2000 metri fino alla superficie. Come primo obiettivo, ne sono già state collocate 3000. Le stazioni sono dotate di batteria solare e mandano i dati agli scienziati via satellite. Ebbene, i dati ottenuti con ARGO dimostrano che dal 2003 ad oggi non c’è stato riscaldamento del mare; anzi, eventualmente un lieve raffreddamento. E questi sono dati statisticamente e tecnologicamente significativi, altro che i secchi !
Quindi la tecnologia avanza, e la verità si fa strada. Come dice il prof. Zecca «in campo scientifico è difficile che un errore o una truffa sopravvivano a lungo». Allora c’è da chiedersi cosa aspettino i sostenitori del Global Warming ad indossare il paracadute e saltare giù da questo mostro volante che sta per schiantarsi.

1 commento:

  1. Il Global Warming è una fonte di business non indifferente,attorno ad esso è stata costruita tutta una catena di finanziamenti, di progetti industriali,di studi universitari,etc. per non parlare delle fortune di certi politici .
    Difficilmente scenderanno dal treno d'oro senza averlo e averci prima spolpato.
    Marcello

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